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Teoria del denaro (I)

Essenza ed origine del denaro


Agli inizi del traffico umano, la conoscenza dell'utile economico che si può ricavare dallo sfruttamento delle occasioni di scambio presenti si sviluppa soltanto gradualmente, e lo scopo degli uomini economici, conformemente alla semplicità di tutte le civiltà al loro inizio, è soltanto ciò che è più a portata di mano, tanto che ognuno ha di fronte agli occhi soltanto il valore d'uso dei beni che può ricevere in cambio. Di conseguenza, le operazioni di scambio che avvengono di fatto si limiteranno ai casi in cui i beni hanno per i soggetti che li possiedono un valore d'uso inferiore a quello che possiedono i beni in possesso di un altro soggetto, mentre per quest'ultimo si ha la valutazione opposta. "A" possiede una spada che ha per lui un valore d'uso inferiore all'aratro di "B", mentre per "B" lo stesso aratro ha un valore d'uso inferiore alla spada di "A": a questo e simili casi si limitano necessariamente le operazioni di scambio che di fatto si concludono in tali circostanze. Ora, non è difficile riconoscere che in queste condizioni il numero delle operazioni di scambio effettivamente compiute può essere soltanto molto limitato. Infatti, quanto è raro il caso che per una persona un bene in suo possesso abbia un valore d'uso inferiore a quello di un altro bene in possesso di un'altra persona, e che per quest'ultima accada il contrario, e quanto ancor più raro il caso che queste due persone si trovino faccia a faccia, anche quando tale rapporto sussista! "A" possiede una rete da pesca che scambierebbe volentieri con una quantità di canapa. Perché tale scambio possa di fatto avvenire, non è necessario soltanto che esista un altro individuo economico "B" pronto a cedere una quantità di canapa per una rete da pesca, come vorrebbe "A", ma è pure necessario che i due individui economici con i loro desideri s'incontrino. Il coltivatore "C" possiede un cavallo che scambierebbe volentieri con un certo numero di attrezzi agricoli e di capi di vestiario. Ora, non è altamente improbabile che quest'ultimo incontri un'altra persona che abbia bisogno del suo cavallo, e che possa e voglia cedergli in cambio l'intera quantità di attrezzi e di capi di vestiario da lui desiderata?


Questa difficoltà sarebbe divenuta proprio insormontabile, tanto da ostacolare gravemente il progresso della divisione del lavoro, e in particolare la produzione di beni per l'incertezza dello smercio, se non vi fosse stato nella stessa natura delle cose un mezzo che, senza esigere una particolare convenzione o una costrizione statale, ha condotto gli uomini economici di tutti i luoghi con forza ineluttabile ad una situazione in cui tale difficoltà appare del tutto superata.


La copertura diretta del fabbisogno è lo scopo di tutte le attività economiche umane. Pertanto, nelle operazioni di scambio gli uomini perseguono del tutto naturalmente lo scopo di scambiare per le proprie merci beni che abbiano per loro valore d'uso, e quest'aspirazione è presente ugualmente in tutti gli stadi della civiltà, ed è economicamente del tutto giustificata. Gl'individui economici agirebbero, però, palesemente in modo antieconomico se dovunque questo scopo non potesse essere raggiunto immediatamente e direttamente, essi rifiutassero del tutto di approssimarvisi.


Un armaiolo dell'epoca omerica ha portato a termine due armature di rame, e intende scambiarle contro rame, materiale combustibile e vettovaglie. Egli si reca al mercato, offre la sua merce al posto dei suddetti beni, ed è sicuramente molto sodisfatto se vi incontra persone che hanno intenzione di scambiare armature, offrendogli contemporaneamente tutti i materiali grezzi e gli alimenti che gli sono necessari. Ma si dovrebbe considerare evidentemente un caso particolarmente fortunato se fra quel limitato numero di persone che hanno intenzione di scambiare un bene così poco smerciabile come le armature, egli trovasse proprio quelle che gli offrono tutti i beni di cui ha bisogno. Di conseguenza, egli rinuncerebbe allo scambio delle sue merci, o perlomeno potrebbe effettuarlo soltanto con un notevole dispendio di tempo, se agisse in maniera tanto antieconomica da voler accettare in cambio della sua merce soltanto i beni d'uso a lui necessari, e non anche altri beni che hanno per lui ugualmente carattere di merci, ma hanno un'esitabilità maggiore dei suoi, ossia merci il cui possesso lo faciliterebbe molto nel trovare persone che possiedano i beni di cui egli ha bisogno. Ai tempi di cui stiamo parlando, il bestiame, come vedremo, è la merce più esitabile di tutte. Allora l'armaiolo, diciamo, anche supponendo che egli sia già approvvigionato sufficientemente di bestiame, agirebbe in modo molto antieconomico se non volesse cedere le proprie armature in cambio di un certo numero di capi di bestiame, Certo, in questo modo egli non scambia la propria merce contro beni d'uso (nel senso più stretto del termine, contrapposto alla "merce"), ma soltanto contro beni che hanno per lui ancora il carattere di merce, ma che sono molto più smerciabili delle sue precedenti merci. E' chiaro, perciò, che il possesso di queste ultime merci fa aumentare la probabilità di trovare al mercato persone che gli offrano i beni d'uso a lui necessari. Il nostro fabbricante di armature, dunque, verrà condotto naturalmente dalla conoscenza esatta del proprio interesse individuale, senza costrizioni o particolari accordi, a cedere le sue armature contro un adeguato numero di capi di bestiame, e a rivolgersi, con le più esitabili merci così ottenute, ai visitatori del mercato che offrono rame, materiali combustibili e alimenti, per raggiungere con maggior probabilità, e comunque molto più velocemente e in maniera economica il suo scopo finale, ossia l'acquisto dei beni d'uso di cui ha bisogno.


Pertanto, l'interesse economico dei singoli individui economici li spinge, con l'accresciuta conoscenza del proprio interesse, senza alcuna convenzione, senza costrizione legislativa, persino senza alcuna considerazione dell'interesse pubblico, a cedere le proprie merci contro altre più esitabili, anche se non ne hanno bisogno per uso immediato. In questo modo, sotto il potente influsso della consuetudine, sorge il fenomeno, osservabile ovunque col crescere della cultura economica, per il quale un certo numero di beni, ossia quelli più esitabili nelle condizioni spazio-temporali date, vengono accettati in cambio da chiunque, e perciò possono essere anche scambiati contro qualsiasi altra merce; i nostri antenati chiamarono questi beni "denaro", da "valore", ossia offrire una prestazione, pagare, per cui il denaro nella nostra lingua indica soltanto l'oggetto del pagamento.


La grande importanza della consuetudine per il sorgere del denaro scaturisce immediatamente dall'osservazione del già illustrato processo attraverso il quale determinati beni divengono denaro. Lo scambio di merci meno esitabili contro altre più esitabili è nell'interesse economico di ogni singolo individuo economico, ma perché tali operazioni di scambio vengano effettivamente concluse si presuppone la conoscenza di tale interesse da parte di tutti i soggetti che devono accettare, in cambio delle proprie merci, un bene di per sé forse completamente inutile, in virtù della sua maggiore esitabilità. Questo riconoscimento non sorgerà mai contemporaneamente in tutti i membri di un popolo. Piuttosto, all'inizio soltanto un certo numero di soggetti economici riconoscerà il vantaggio che deriva dall'accettare in cambio delle proprie altre merci più esitabili, quando sia impossibile o altamente improbabile uno scambio diretto delle proprie merci contro beni d'uso, vantaggio che di per sé è indipendente dal generale riconoscimento di una merce come denaro, perché qualsiasi siano le circostanze, un tale scambio avvicina notevolmente il singolo individuo economico al suo scopo, ossia all'acquisto dei beni d'uso di cui ha bisogno. Ora, poiché non esiste, per chiarire agli uomini i loro interessi economici, un mezzo migliore dell'osservare il successo economico di coloro che mettono in opera i giusti mezzi per raggiungerli, è anche chiaro che niente favorisce di più il sorgere del denaro dell'accettazione protratta nel tempo, da parte dei soggetti economici più intelligenti ed abili, di merci eminentemente esitabili in cambio di tutte le altre per il proprio interesse economico. In tal modo, la pratica e la consuetudine hanno sicuramente contribuito non poco a far accettare le merci di volta in volta più esitabili non soltanto da molti, ma da tutti gli individui economici in cambio delle proprie merci.


L'ordinamento giuridico ha di solito, entro i confini dello stato, un innegabile per quanto inferiore influsso sul carattere di denaro di una merce. L'origine del denaro (da distinguere dalla sua sottospecie, la moneta) è, come abbiamo visto, del tutto naturale, e pertanto rimanda soltanto in casi veramente rari agli influssi della legislazione. Il denaro non è un'invenzione dello stato, né il prodotto di un atto legislativo, e la sua sanzione da parte dell'autorità statale è pertanto estranea al concetto di denaro. Anche l'esistenza di certe merci in qualità di denaro si è sviluppata naturalmente dalle condizioni economiche, senza che sia stato necessario l'influsso dello stato.


Ora, però, se un bene riceve la sanzione statale come denaro, in consonanza con i bisogni del traffico, da ciò consegue che non soltanto ogni prestazione fatta alla stato, ma anche tutte le altre il cui contenuto non sia altrimenti regolato nel caso concreto, e quindi qualsiasi prestazione sussidiaria eseguita al posto di quella originaria, per qualsiasi motivo quest'ultima sia venuta a cadere, può essere pretesa con effetto giuridico, e offerta, soltanto con l'intervento di quel bene. In tal modo, a questo bene viene conferito il carattere di sostitutivo universale da parte dell'autorità statale, ciò che non trasforma il bene in questione in denaro, ma sicuramente ne rafforza notevolmente il carattere di denaro.


Carl Menger, 1871

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