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Le obbligazioni

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L'ordinamento giuridico riconosce alle persone dei diritti che hanno per oggetto immediatamente delle cose (diritti reali) e dei diritti che hanno per oggetto delle prestazioni di altre persone (diritti di credito o di obbligazione). I diritti di credito sono diritti relativi, in quanto possono essere fatti valere soltanto nei confronti di uno o più soggetti determinati o determinabili e hanno per oggetto una prestazione personale, cioè richiedono la cooperazione, spontanea o coatta, di un'altra persona. L'obbligazione è un rapporto giuridico per effetto del quale una parte (debitore o soggetto passivo) è obbligata a compiere a vantaggio dell'altra (creditore o soggetto attivo) una determinata prestazione. La prestazione consiste nel comportamento positivo, di dare o di fare qualcosa, o negativo, di non fare qualcosa, che il debitore deve tenere nei confronti del creditore. Tale prestazione deve essere:

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  • possibile, in senso giuridico e materiale;

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  • lecita, cioè non contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume;

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  • determinata, o comunque determinabile;

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  • suscettibile di valutazione economica, ovvero valutabile in denaro, anche se può essere diretta a soddisfare un interesse non patrimoniale.

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Le fonti delle obbligazioni sono gli atti o i fatti giuridici che producono il sorgere di obbligazioni:

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  • il contratto, cioè l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale; (1)

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  • il fatto illecito, che è qualsiasi fatto doloso o colposo che causa ad altri un danno ingiusto; (2)

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  • qualsiasi altro atto o fatto ritenuto idoneo a produrre obbligazioni dall'ordinamento giuridico.

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Le obbligazioni pecuniarie sono obbligazioni generiche che hanno per oggetto l'obbligo di pagare una somma di denaro. Se non è disposto diversamente, l'obbligazione di dare una somma di denaro si estingue con moneta avente corso legale nello Stato e per il suo valore nominale (principio nominalistico). Le parti possono inserire nel contratto delle clausole di rivalutazione monetaria dirette a mantenere costante nel tempo il potere di acquisto di una determinata somma di denaro ragguagliandola ai prezzi di alcune merci o alla variazione dell'indice medio dei prezzi. Gli interessi sono un'obbligazione pecuniaria accessoria rispetto all'obbligazione principale avente per oggetto il pagamento di una determinata somma di denaro. I crediti di denaro liquidi ed esigibili, vale a dire determinati nel loro esatto ammontare e non sottoposti a un termine o a una condizione, producono di diritto degli interessi (corrispettivi) che sono dovuti per la naturale fecondità del denaro, cioè per il fatto stesso di poter ricavare un profitto dal suo impiego.

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La mora del debitore (dal latino mora, che significa ritardo) ricorre quando vi è un ingiustificato ritardo nell'adempimento della prestazione da parte del debitore. Il debitore in mora è obbligato, in primo luogo, al risarcimento dei danni causati al creditore. In particolare, nelle obbligazioni pecuniarie dal giorno della mora, e senza che il creditore debba provare di aver subito un danno corrispondente, sono dovuti gli interessi moratori nella misura stabilita dalle parti o, in mancanza, al tasso legale. Allo scopo di evitare abusi, è nulla una clausola che preveda degli interessi usurari, cioè in misura manifestatamente eccessiva; in tal caso gli interessi sono dovuti solo in misura legale. Inoltre se non vi sono usi diversi, come avviene in materia di contratti bancari, gli interessi già scaduti producono a loro volta interessi composti soltanto quando siano dovuti per almeno sei mesi e vengano domandati in giudizio ovvero siano stati preventivamente pattuiti dalle parti (divieto di anatocismo).

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Se viene ritenuto responsabile dell'inadempimento, il debitore ha l'obbligo di risarcire i danni. Di solito il risarcimento consiste nel pagamento di una somma di denaro che deve comprendere la perdita subita (danno emergente), cioè la diminuzione patrimoniale che il creditore ha effettivamente subito a causa dell'inadempimento, e il mancato guadagno (lucro cessante), cioè l'incremento patrimoniale che il creditore avrebbe potuto conseguire in modo ragionevolmente certo e che non ha potuto ottenere a causa dell'inadempimento. Tra l'inadempimento e il danno deve esistere un nesso di causalità, che va accertato caso per caso dal giudice. La perdita subita e il mancato guadagno infatti sono risarcibili soltanto se costituiscono una conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento, vale a dire se tra inadempimento e danno esiste un rapporto di causa ed effetto in senso giuridico.

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Note

 

(1) Art. 1321 c.c.

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(2) La colpa consiste in una negligenza (mancanza di diligenza o di cura), imprudenza (mancanza di attenzione) o imperizia (mancanza di conoscenze e di competenze specifiche) nell'esecuzione della prestazione da parte del debitore che quindi non è responsabile, e non è obbligato al risarcimento, se riesce a provare che l'impossibilità della prestazione deriva da una causa a lui non imputabile, cioè da una specifica causa che non era prevedibile ed evitabile (caso fortuito o forza maggiore). Il dolo consiste invece nella coscienza e volontà di non adempiere un'obbligazione.

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