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Il denaro

Il modo più semplice di trasmettere valore è lo scambio diretto di beni. Tale forma di scambio viene definita baratto ed è tipica in ambienti circoscritti dove si producono quantità limitate di beni e servizi. In un'ipotetica comunità formata da una dozzina di persone, isolata dal resto del mondo e con scarse possibilità di specializzazione o commercio, ciascun individuo si impegnerà nella produzione di beni essenziali alla sopravvivenza, per poi scambiarli direttamente col prossimo. Il baratto è sempre esistito nella società umana e continua tutt'oggi, ma è altamente impraticabile e rimane in uso solo in circostanze eccezionali, coinvolgendo di solito persone che hanno tra loro rapporti di amicizia e familiarità.


In un'economia più complessa ed estesa sorge l'opportunità di specializzarsi nella produzione di uno o più beni al fine di scambiarli successivamente con un ampio numero di estranei, nei confronti dei quali risulta poco pratico tenere conto di beni, servizi e favori scambiati. Più ampio è il mercato, maggiori sono le opportunità di specializzazione e scambio, ma anche più complesso il problema della doppia coincidenza dei bisogni o desideri: ciò che si vuole acquistare è prodotto da chi non è interessato a ciò che si ha da vendere. La questione travalica la semplice asimmetria nella domanda di prodotti diversi, presentando tre distinti ordini di difficoltà.


In primo luogo, l'assenza di coincidenza di scala: si domanda un bene di valore assai differente dal bene che si offre. In tal caso, al fine di realizzare lo scambio potrebbe risultare impossibile frazionare il bene di maggior valore in unità più piccole. Immaginiamo di voler vendere delle scarpe in cambio di una casa: se da un lato la suddivisione della casa in piccole parti, ciascuna equivalente ad un paio di scarpe, è impossibile, dall'altro il possesso di una quantità di scarpe tale da compensare il valore dell'immobile è improponibile per chiunque. In secondo luogo, l'assenza di coincidenza temporale: si offre un bene deperibile mentre si domanda un bene durevole e pregiato. Diventa quindi difficile accumulare una quantità sufficiente del bene deperibile da poter scambiare, in un dato momento, per il bene durevole. Ad esempio, non è facile accumulare una quantità di mele tale da poter essere scambiata per un'automobile: molto probabilmente le mele marciranno prima che l'affare possa essere concluso. In terzo luogo, l'assenza di coincidenza di luogo: si offre in vendita una casa in cambio di un'altra in una località assai distante; tuttavia gli edifici non sono generalmente trasportabili. Queste tre difficoltà rendono lo scambio diretto decisamente poco pratico e si traducono nella necessità di ricorrere a più operazioni intermedie prima di riuscire a soddisfare bisogni e desideri di natura economica.


L'unica soluzione a queste problematiche sta nel ricorso allo scambio indiretto: l'utilizzo di un bene che si accetta di buon grado come contropartita perché generalmente desiderato e quindi a sua volta riutilizzabile in successivi scambi. Questo bene intermedio è definito mezzo di scambio. Nonostante molti beni economici siano potenzialmente in grado di fungere da mezzo di scambio, la costante ricerca di beni intermedi che siano accettati dalle varie controparti diventa sempre più sconveniente al crescere delle dimensioni e della complessità di un sistema economico. Emerge quindi in modo naturale una soluzione molto più efficiente per commerciare, favorita anche dai vantaggi che essa offre a chi la adotta: utilizzare un singolo mezzo di scambio (o tutt'al più un numero alquanto ristretto di essi). Il bene ampiamente accettato come mezzo di scambio prende il nome di denaro.


La funzione per eccellenza che definisce il denaro è pertanto proprio quella di essere un mezzo di scambio: in altre parole, è un bene scelto non per essere consumato (un bene di consumo), né per essere impiegato nella produzione di altri beni (un investimento, o bene capitale), ma principalmente per essere scambiato con altri beni. Benché l'investimento sia finalizzato alla produzione di reddito, ovvero di beni da scambiare in futuro, esso si distingue dal denaro per tre aspetti:


  • offre un rendimento;

  • comporta un'incertezza assai maggiore, dovuta alle probabilità di fallimento, laddove quella associata ad un mezzo di scambio è minima o nulla;

  • è meno liquido, richiedendo tempi e costi di transazione anche significativi ogni qualvolta venga venduto.


Queste considerazioni ci aiutano a capire perché ci sarà sempre domanda di denaro e perché il suo possesso non potrà mai essere sostituito completamente da un investimento. L'incertezza è una costante della nostra vita: tempi e modalità con cui eventuali necessità di denaro si manifesteranno in futuro non prevedibili. Accumulare parte della propria ricchezza direttamente sotto forma di denaro fa parte del buon senso e dell'eredità culturale di quasi tutti i popoli: si tratta infatti del bene più liquido, cioè cedibile rapidamente dal possessore in caso di necessità e con meno rischi rispetto a un qualsiasi investimento. Il costo associato alla comodità di detenere denaro è implicito nella rinuncia sia al consumo immediato che quella somma avrebbe permesso di soddisfare, sia al rendimento che un investimento di pari importo avrebbe fornito nel tempo.


Carl Menger, padre della Scuola Austriaca di economia e fondatore dell'analisi marginalista, esaminando le scelte umane compiute in diverse situazioni di mercato comprese chiaramente quale fosse la proprietà chiave che porta un bene, in un determinato sistema economico, ad essere liberamente adottato come denaro: la commerciabilità, ovvero la facilità con cui esso può essere venduto, col minimo sacrificio di prezzo, ogniqualvolta lo si desideri.


In linea di principio, nulla definisce cosa dovrebbe o non dovrebbe essere usato come denaro. La scelta, da parte di chiunque, di acquistare un determinato bene non al fine di consumarlo o utilizzarlo, bensì con l'obiettivo di scambiarlo, lo rende de facto denaro. Poiché le persone differiscono nel tempo e nello spazio, anche le opinioni e quindi le scelte relative al mezzo monetario cambiano coi tempi e tra luoghi diversi. Nel corso della storia, tali scelte sono ricadute su diversi beni: soprattutto oro e argento, ma anche rame, conchiglie, grosse pietre, sale, bovini, pezzi di carta emessi da banche e governi, pietre preziose e, in determinate condizioni, persino alcol e sigarette. Essendo le scelte individuali sempre soggettive, non esistono scelte relative al denaro che possiamo definire come "giuste" o "sbagliate", però ci sono, e non si possono ignorare, conseguenze ben precise a determinate scelte.


La relativa liquidità dei beni può essere valutata con rispetto alle tre problematiche sopra illustrate della non coincidenza di bisogni e desideri, quindi considerando la commerciabilità in scala, nello spazio e nel tempo. La commerciabilità in scala richiede che un dato bene possa essere opportunamente diviso o raggruppato in modo da consentire al possessore di cederlo nella quantità desiderata. La commerciabilità attraverso lo spazio ne implica la facilità di trasporto, caratteristica che ha portato a una selezione di mezzi di scambio aventi generalmente un alto valore per unità di massa. Queste due prime caratteristiche si ritrovano in un gran numero di beni che quindi potrebbero potenzialmente fungere da denaro. E' la terza, tuttavia, la commerciabilità nel tempo, a costituire la caratteristica più cruciale.


La commerciabilità nel tempo si riferisce alla capacità di un bene di mantenere il proprio valore anche nel lungo periodo, caratteristica che consente a chi lo detiene di immagazzinarvi la propria ricchezza. Ecco quindi la seconda funzione del denaro: essere riserva di valore. Per essere commerciabile nel tempo un bene deve essere immune da processi di decomposizione, corrosione e deterioramento di qualunque genere. Chiunque abbia provato a risolvere la questione di conservare la propria ricchezza nel lungo termine utilizzando pesci, mele o arance ha sicuramente imparato la lezione nel modo più severo: probabilmente, dopo aver perso tutto, deve avere smesso di occuparsi del problema. L'integrità fisica negli anni è però una condizione necessaria ma non sufficiente per la commerciabilità di un bene nel tempo, in quanto è possibile che esso perda valore in modo significativo qualora mantenga invariate le proprie caratteristiche fisiche. Onde evitare ciò accada è necessario che la quantità offerta di quel bene non aumenti troppo drasticamente. Una caratteristica comune che ritroviamo nelle forme di denaro adottate nel corso della storia è pertanto la presenza di alcuni meccanismi che in qualche modo limitino la produzione di nuove unità, proprio al fine di preservare il valore di quelle già esistenti. La relativa difficoltà di produrre nuove unità monetarie determina quella che possiamo definire come inelasticità, o rigidità, del denaro; il bene denaro la cui offerta sia difficile da aumentare è quindi meglio noto come denaro forte (hard money), mentre quello la cui offerta è suscettibile di forti aumenti, come denaro facile (easy money).


Possiamo comprendere il concetto di inelasticità del denaro attraverso la comprensione di due quantità distinte legate all'offerta di un bene:


  • lo stock o riserva, ovvero la quantità già esistente, costituita da tutto ciò che è stato prodotto nel passato, meno tutto ciò che è stato consumato o distrutto;

  • il flusso, ovvero la nuova produzione misurata in un determinato intervallo di tempo.


Il rapporto tra stock e flusso (stock to flow) è un indicatore affidabile del grado di inelasticità del denaro, quindi utile per capire quanto un bene sia adatto a ricoprire un ruolo monetario. Un basso rapporto tra riserva e flusso è tipico di un bene la cui offerta esistente può essere drasticamente aumentata, specialmente qualora cominci ad essere usato come riserva di valore; in tal caso l'elevato flusso in arrivo sul mercato avrebbe un forte impatto negativo sul suo prezzo. Di contro, maggiore è il rapporto tra riserva e flusso, più è probabile che un bene mantenga il proprio valore e sia dunque più commerciabile nel tempo.


Poniamo che in un determinato luogo si scelga come riserva di valore un tipo di denaro forte, dunque un bene con un alto rapporto tra stock e flusso. Gli acquisti a fini di accumulo ne incrementerebbero la domanda, causando una salita del prezzo che a sua volta incentiverebbe una maggior produzione di quel bene; essendo però il flusso molto basso rispetto all'offerta esistente, anche un marcato aumento della produzione difficilmente potrà avere forti ripercussioni sul prezzo. Al contrario, qualora si scelga un tipo di denaro facile, cioè un bene con un basso rapporto tra riserva e flusso, la nuova quantità prodotta sarebbe sicuramente tale da deprimere il prezzo in maniera significativa. In altre parole, i produttori, potendo incrementare facilmente le riserve esistenti, svilirebbero il potere d'acquisto del bene espropriando la ricchezza di coloro che lo hanno ingenuamente scelto come veicolo per preservare i propri risparmi e la propria ricchezza. In ultima analisi ciò distruggerebbe la commerciabilità nel tempo di quel bene.


Mi piace definire questa dinamica la trappola dei soldi facili: qualsiasi cosa venga scelta come riserva di valore vedrà aumentare inevitabilmente la propria offerta, ma qualsiasi cosa la cui offerta possa essere aumentata facilmente distruggerà la ricchezza di coloro che l'hanno adottata come riserva di valore. Il corollario di questa trappola è che tutto ciò che viene utilizzato con successo come denaro deve necessariamente avere un meccanismo naturale o artificiale che ne limiti i nuovi flussi, consentendogli di mantenere il valore nel tempo. In caso contrario, la tentazione di fare soldi facili, attraverso il semplice incremento dell'offerta, distruggerà ben presto la ricchezza dei risparmiatori e con essa l'incentivo a risparmiare e a preservare ricchezza tramite questo bene.


Qualora uno sviluppo naturale, tecnologico o politico causasse un rapido aumento dell'offerta di un bene monetario, questo perderebbe il proprio status per essere sostituito da altri mezzi di scambio con un rapporto riserva/flusso più elevato. Le conchiglie venivano dunque usate come denaro solo in tempi in cui erano difficili da trovare, mentre oggi sono più apprezzate valute con tassi di crescita della massa monetaria relativamente bassi: quanto minore è l'offerta, infatti, tanto più probabile che la valuta mantenga il proprio valore nel tempo. Laddove le società che usavano le conchiglie passarono al metallo o alla carta moneta quando le moderne tecnologie ne resero facile l'importazione e la raccolta, oggi i cittadini di un paese si spostano su valute estere, oro o altri beni monetari più affidabili quando il proprio governo comincia ad espandere significativamente l'offerta di valuta nazionale. A questo riguardo, purtroppo, il XX secolo offre un numero enorme di tragici esempi, in particolare nei pasi in via di sviluppo. I mezzi monetari più longevi sono quelli dotati di meccanismi molto affidabili che ne limitano i flussi, in altre parole: forme di denaro rigido, inelastico. La concorrenza rimane sempre viva tra i beni monetari ed è possibile ipotizzare scenari futuri considerando proprio l'impatto delle tecnologie sui differenti rapporti riserva/flusso di ciascuno di essi.


Nella realtà, la scelta di utilizzare forme di denaro rigido risulta, nel tempo, vincente; coloro che scelgono forme di denaro facile, infatti, subiscono perdite consistenti al rapido crescere dell'offerta che ne causa un forte deprezzamento. Che sia in prospettiva attraverso il calcolo razionale, o tramite la retrospettiva offerta dai casi storici, la fondamentale e severa lezione da apprendere è che la maggior parte del denaro e della ricchezza finirà col concentrarsi presso coloro che scelgono strumenti monetari quanto più commerciabili e rigidi nell'offerta. Tuttavia, rigidità dell'offerta e commerciabilità non sono caratteristiche statiche, esse cambiano nel tempo assieme alle capacità tecnologiche di una data società. Possiamo quindi affermare che la scelta della migliore forma di denaro è sempre determinata dalle capacità tecnologiche che definiscono, di fatto, la commerciabilità di ciascun bene. Gli economisti di Scuola Austriaca, tra tutti, risultano essere i meno dogmatici od oggettivisti nella loro definizione di moneta forte, identificandola non tanto in un determinato bene o merce, quanto piuttosto in ciò che emerge liberamente sul mercato come scelta volontaria per effettuare transazioni: un bene, dunque, il cui valore sia determinato dai liberi scambi di mercato e non imposto coercitivamente da alcuna autorità o dall'intervento statale. La concorrenza monetaria di libero mercato, infatti, premia coloro che scelgono le forme migliori di denaro, consentendogli di preservare la propria ricchezza nel tempo, ed è spietatamente efficace nel produrre denaro che, in ultima analisi, risulta essere il più sano ed onesto. D'altronde nessuna autorità ha mai avuto bisogno di imporre forme di denaro rigido ed inelastico; esse erano già state scoperte molto tempo prima di giungere a qualunque forma di governo. L'effetto di qualsiasi imposizione, in realtà, sarebbe solo quella di rallentare il processo di competizione monetaria.


Le conseguenze sia individuali che sociali riconducibili all'uso di denaro facile o, in alternativa, di quello forte, sono molto più profonde di quelle meramente finanziarie in termini di perdita o guadagno. Per ora possiamo affermare che coloro in grado di preservare la propria ricchezza in una buona riserva di valore probabilmente sono anche in grado di pianificare il proprio futuro meglio di chi ne sceglie una scadente. La solidità dei mezzi monetari, in termini di capacità di preservazione del valore nel tempo, è infatti un fattore chiave che contribuisce a determinare quanto gli individui valutino il presente rispetto al futuro, ovvero la loro preferenza temporale, un concetto cardine del tema monetario.


Oltre al rapporto riserva/flusso, un altro aspetto importante della commerciabilità di un mezzo monetario è il suo grado di accettabilità: più individui lo accetteranno, più esso risulterà liquido e più sarà acquistato e venduto senza sacrificio di prezzo. In contesti sociali con numerose interazioni di tipo peer-to-peer è anche naturale che emergano alcuni standard dominanti: i vantaggi di unirsi ad una rete crescono infatti in modo esponenziale con la dimensione della rete stessa. Non è un caso, quindi, che solo una manciata di piattaforme social, tra le centinaia create, siano giunte a dominare il mercato, né che qualsiasi dispositivo di gestione della posta elettronica utilizzi il protocollo IMAP/POP3 per ricevere email e quello SMTP per inviarle; per i medesimi scopi sono stati ideati ed esistono molti altri protocolli, ma quasi nessuno li usa perché impedirebbero all'utente di interagire con quelli che già usano la posta elettronica tramite IMAP/POP3 e SMTP. In ambito monetario è altrettanto inevitabile che uno o pochi beni emergano quali principali mezzi di scambio: il poter essere scambiato facilmente è infatti la caratteristica più rilevante agli occhi di chi lo usa, Come detto prima, un mezzo di scambio è acquistato non per le sue specifiche proprietà, ma per la sua commerciabilità.


Per ultimo, la diffusa accettazione di un mezzo di scambio consente di esprimere di tutti i prezzi in termini di quel bene; ecco quindi la terza funzione del denaro: essere unità di conto. In un'economia priva di un comune e ben definito mezzo di scambio, il prezzo di ciascun bene sarebbe espresso in termini di un elevato numero di altri beni, generando un sovraffollamento di prezzi e rendendo i calcoli economici estremamente difficili. Al contrario, laddove esista un mezzo di scambio comune, i prezzi di tutti i beni saranno espressi nella stessa unità di conto. In questo ultimo tipo di sistema economico il denaro funge quindi da parametro di riferimento con cui misurare il valore interpersonale; esso premia i produttori nella misura in cui contribuiscono a generare valore per gli altri e, allo stesso tempo, indica ai consumatori quanto devono pagare per ottenere i beni che desiderano. Un mezzo di scambio uniforme che agisca come unità di conto rende anche più agevole il calcolo economico; ciò consente agli individui di specializzarsi in compiti sempre più complessi, di investire accumulando una quantità sempre maggiore di beni capitali e di accedere a mercati sempre più ampi. L'intero funzionamento di un'economia di mercato dipende da prezzi che, per essere significativi, devono essere espressi nella stessa unità di conto in grado di segnalare accuratamente la relativa scarsità di ciascun bene. Una forma di denaro facile, la cui offerta venga costantemente ed arbitrariamente aumentata impedirà, in qualità di unità di conto, di quantificare in modo attendibile i costi opportunità per un corretto calcolo economico. Ogni imprevedibile variazione della quantità di denaro prodotta, infatti, distorce il ruolo del bene monetario in quanto misura del valore interpersonale e veicolo di informazione economica.


Avere un unico mezzo di scambio affidabile consente all'economia di crescere in proporzione al numero di persone disposte ad utilizzarlo. Maggiore la dimensione dell'economia, maggiori le opportunità di beneficio che è possibile conseguire attraverso lo scambio e la specializzazione. Ancor più rilevante è forse il fatto che, grazie ad esso, la struttura produttiva possa allungarsi ed espandersi, diventando sempre più complessa e sofisticata. In altre parole, è possibile specializzarsi nella produzione di beni capitali che a loro volta produrranno altri beni, siano essi di consumo o intermedi, dopo intervalli temporali più estesi; ciò permetterà di avere beni finali di qualità superiore o, nel caso si ottengano beni intermedi, sempre più produttivi.


Ad esempio, in una piccola economia primitiva la struttura di produzione del pesce consiste semplicemente in una serie di individui che si recano sulla spiaggia e pescano a mani nude, processo che, per essere eseguito, richiede diverse ore. Man mano che tale economia si sviluppa e cresce, aumenta anche il ricorso a strumenti e beni capitali sempre più sofisticati la cui produzione allunga in modo significativo la durata dello stesso processo produttivo, aumentandone però la produttività. Nel mondo moderno, gran parte del pescato è frutto dell'utilizzo di imbarcazioni altamente sofisticate, costruite nel corso di molti anni ma utilizzate per decenni. Potendo navigare in acque precluse alle barche di modeste dimensioni, queste navi riescono a catturare pesci che altrimenti non sarebbero disponibili al consumatore; possono inoltre affrontare condizioni meteorologiche avverse, continuando a operare in situazioni molto difficili, laddove imbarcazioni a minore intensità di capitale rimarrebbero ancorate in quanto inutilizzabili. L'accumulazione di capitale rende dunque il processo più lungo ma anche più produttivo per unità di lavoro, fornendo beni superiori, per qualità e quantità, non accessibili ad un'economia primitiva con strumenti di base e senza beni capitali. Tutto ciò non sarebbe possibile senza il denaro a giocare il ruolo di:


  • mezzo di scambio per consentire la specializzazione;

  • riserva di valore per favorire un migliore orientamento al futuro che incentivi le persone a dirigere le proprie risorse verso gli investimenti anziché verso i consumi;

  • unità di conto per facilitare il calcolo economico di profitti e perdite.


La storia ci mostra un'evoluzione monetaria caratterizzata da molteplici beni, ciascuno con differenti gradi di rigidità dell'offerta, la cui selezione è dipesa dalle capacità tecnologiche delle relative epoche. Conchiglie, sale, bestiame, argento, oro, denaro di Stato coperto da riserve auree, finendo con l'attuale uso quasi universale della valuta a corso legale, ogni passo del progresso tecnologico ci ha permesso di utilizzare una nuova forma di denaro che presentava ulteriori vantaggi, ma, come sempre accade, anche nuove insidie.


Saifedean Ammous, 2018

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